Premessa fondamentale per avere una chiave di lettura di questo romanzo è una conoscenza dell'autore e del suo pensiero. Infatti bisogna sapere che nonostante Vittorini fosse politicamente attivo ed egli stesso avesse preso parte alla Resistenza italiana nel '44, quando scrive "Uomini e no" non ha fini propagandistici, bensì di riflessione riguardo la condizione umana a lui contemporanea.
Il romanzo è alternato da capitoli prettamente narrativi, dove con frasi semplici e brevi, vengono raccontati episodi riguardanti le azioni della Resistenza, e da altri distinti dal carattere corsivo, durante i quali l'autore stesso esprime le proprie riflessioni. è proprio durante questi ultimi che è possibile comprendere il tema principale: cosa/chi sia l'uomo.
"L’uomo, si dice. E noi pensiamo a chi cade, a chi è perduto, a chi piange e ha fame, e a
chi ha freddo, a chi è malato e a chi è perseguitato, a chi viene ucciso. Pensiamo all’offesa che gli è fatta, e la dignità di lui. Ma l’offesa che cos’è? Da chi è fatta? E il sangue che è sparso? La persecuzione? L’oppressione? […] Ma l’offesa in se stessa? È altro dall’uomo? È fuori dall’uomo?
[...]
Appena vi sia l'offesa, subito noi siamo con chi è offeso, e diciamo che è l'uomo. Sangue? Ecco l'uomo. Lagrime? Ecco l'uomo.
E chi ha offeso cos'è?"
Attraverso queste domande retoriche Vittorini obbliga il lettore a indagare risposte che aprono gli occhi su una scomoda prospettiva umana. Dalla Seconda Guerra Mondiale ed i suoi "effetti collaterali", come quello qui descritto della guerra civile, scaturiscono interrogativi riguardo cosa sia l'umanità, cosa sia capace di fare e per quale motivo. La risposta alla quale si viene condotti è che la distinzione tra bene e male non è così netta, e che cercarla può essere addirittura scorretto. Attribuire all'uomo soltanto caratteristiche moralisticamente corrette e, quindi, "buone" è erroneo poichè bene e male coesistono in lui.